Lo spirituale nell’arte.
Kandinsky capitolo VI
“Il linguaggio delle forme e dei colori”
Consideriamo innanzitutto il colore da solo, e lasciamolo agire su di noi.
Il giallo è il colore tipico della terra. Non può avere troppa profondità. Se è raffreddato dal blu acquista, come abbiamo detto, un accento malato. Da un punto di vista psicologico può raffigurare la follia, intesa non come malinconia o ipocondria, ma come accesso di furore, di irrazionalità cieca, di delirio.
Un malato infatti aggredisce la gente all’improvviso, getta le cose per terra, disperde inutilmente le sue energie in tutte le direzioni, fino all’esaurimento. Il giallo si può anche paragonare all’estate morente, che dilapida assurdamente le sue energie nell’incendio delle foglie autunnali, di quelle foglie da cui ormai è scomparsa la quiete dell’azzurro, che è salito in cielo. Nascono così colori folli di energia, ma incapaci di profondità.
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Il blu è il colore tipico del cielo. Se è molto scuro dà un’idea di quiete. Se precipita nel nero acquista una nota di tristezza struggente, affonda in una drammaticità che non ha e non avrà mai fine. Se tende ai toni più chiari, a cui è meno adatto, diventa invece indifferente e distante, come un cielo altissimo. Più è chiaro, meno è eloquente, fino a giungere a una quiete silenziosa: il bianco. Da un punto di vista musicale l’azzurro assomiglia a un flauto, il blu a un violoncello o, quando diventa molto scuro, al suono meraviglioso del contrabbasso; nella sua dimensione più scura e solenne ha il suono profondo di un organo. Mescolando questi due colori diametralmente opposti in un equilibrio ideale si forma il verde. I movimenti orizzontali, quelli centrifughi e centripeti, si neutralizzano a vicenda. Nasce la quiete. È la conclusione logica, a cui è facile giungere in teoria.
Il verde assoluto è il colore più calmo che ci sia: non si muove, non esprime gioia, tristezza, passione, non desidera nulla, non chiede nulla. Questa assoluta assenza di movimento è una proprietà benefica per le persone e le anime stanche, ma dopo un po’ di tempo il riposo può venire a noia. I quadri dipinti in un’armonia di verde lo dimostrano.
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Il rosso che di solito abbiamo in mente è un colore dilagante e tipicamente caldo, che agisce nell’interiorità in modo vitalissimo, vivace e irrequieto. Senza avere la superficialità del giallo, che si disperde in tutte le direzioni, dimostra un’energia immensa e quasi consapevole. In questa agitazione e in questo fervore introversi, poco rivolti all’esterno, c’è per così dire una maturità virile.
Il rosso caldo chiaro assomiglia un po’ al giallo medio (contiene infatti molto pigmento giallo) e dà sensazioni di forza, energia, tensione, determinazione, gioia, trionfo (puro), ecc. Da un punto di vista musicale ricorda il suono delle fanfare con la tuba: forte, ostinato, assordante.
Il rosso medio, come il cinabro, ha la stabilità di un sentimento profondo: è come una passione che arde senza scosse, una forza sicura di sé che non è facile soffocare, ma si può spegnere nel blu come un ferro infuocato nell’acqua. Questo rosso di solito non sopporta niente di freddo; mescolato con colori freddi perde sonorità e significato.
Il rosso freddo (per esempio la lacca di garanza) può acquistare profondità (specialmente con la velatura). Allora cambia anche carattere: sembra più passionale, meno dinamico. Il dinamismo, però, non scompare completamente come nel verde cupo: rimane il presentimento, l’attesa di una nuova dirompente esplosione, come qualcosa di mimetizzato ma ancora vigile, capace di emergere improvvisamente.
Il rosso caldo, rafforzato dal giallo che gli è affine, forma l’arancione. Con questa mescolanza il movimento interiore del rosso si tramuta in un movimento che si irradia e si disperde all’esterno.
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Il viola dunque è un rosso fisicamente e psichicamente più freddo. Ha in sé qualcosa di malato, di spento (cenere di carbone!), di triste. Non a caso è adatto agli abiti delle donne anziane. I Cinesi lo usano addirittura come segno di lutto. Assomiglia al suono del corno inglese, delle zampogne, e quando è profondo, al registro grave dei legni (per esempio del fagotto).
Viola e arancione, che si ottengono sommando il rosso al giallo o al blu, hanno una forte instabilità.
Quando i colori si mescolano tendono a perdere l’equilibrio.
Dove comincia l’arancione, e dove finisce il giallo o il rosso? Qual è il confine che separa il viola dal rosso e dal blu?
Viola e arancione sono il quarto e ultimo contrasto nel campo dei colori primari puri. Fisicamente hanno tra loro lo stesso rapporto che abbiamo visto nel terzo contrasto (rosso e verde), cioè sono colori complementari.
Come un grande cerchio, come un serpente che si morde la coda (simbolo dell’infinito e dell’eternità) ci appaiono allora i sei colori, che divisi in coppie formano tre grandi contrasti.